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Regia e interpretazione Christian Poggioni

Musica originale Irina Solinas

Introduzione e commento Mario Porro

Senonché l'Adalgisa era di quelle meravigliose donne lombarde che estrinsecano la propria forma mentis nel postulare dovunque e davanti a chiunque la certezza della propria infallibilità. La lingua ce l'hanno, il carattere anche: e con la lingua e con il carattere si trionfa, ciò è noto, dei peggiori nemici, oltre che del destino, dei professori de' propri figli e delle donne di servizio se implorano qualche lira al mese di più.

Nato a Milano nel 1893 da una famiglia della borghesia delle professioni per la quale era scelta obbligata iscrivere i figli al “noster Pulitecnic”, l’ingegner fantasia con la passione per la letteratura e la filosofia di quella borghesia si proclamerà il Robespierre e soprattutto nelle pagine de L’Adalgisa (1944) ne metterà in luce debolezze e manie. Di qui i tanti ritratti di capifamiglia operosi impegnati a salvaguardare l’onore della casa, di dame sensitive che pronte a spettegolare, di ragazze da maritare (che hanno studiato il piano e da infermiere). Il ritratto è spesso impietoso: una borghesia incolta e bigotta, priva di senso dell’umorismo, con la “machina” e la villa in Brianza, serbatoio da cui attingere balie e domestiche inesperte e selvatiche. Ma accanto alle classi elevate si apre lo sguardo sulla Milano del primo Novecento, con quartieri popolari dove brulica un’umanità ricca che nessuno come Gadda ha saputo illustrare con partecipe e dolente ironia e con lo stile che lo rende unico e inimitabile nella letteratura del nostro Novecento. È il mondo brulicante dei mestieri antichi, della “lingera” domenicale e della povera gente: serve ingobbite da fedeltà cronica allo spazzolone, vecchi facchini, garzoni del salumiere, lavandaie e sarte.

Brani tratti da:

– L’Adalgisa

– Accoppiamenti giudiziosi

Ingresso libero